Compagnia delle Opere una storia in cammino
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Il titolo dello stand Cdo è “Una storia in cammino”: qual è il significato?
È un titolo che allarga l’orizzonte: credo che la ragione d’essere di una realtà come la Compagnia delle Opere è quella di essere parte di una storia più grande, di cui fa parte tra l’altro lo stesso Meeting. La narrazione realizzata all’interno del percorso che è al centro dello spazio Cdo, lo dimostra. È una convergenza di storie che generano una storia condivisa e che, per sua natura, è storia aperta, in cammino. Inoltre nella titolazione è sembrato importante sottolineare il senso del nome bellissimo “Compagnia delle Opere” che a volte passa in secondo piano rispetto all’acronimo Cdo. Opere in compagnia indica una concezione che non fa dell’imprenditore un uomo solo al comando ma lo identifica come fa parte di una storia. L’essere in compagnia non è solo frutto di una buona e concreta ottica solidale, come documentato dall’episodio della cooperativa di Alcamo che sta all’origine della Compagnia delle opere stessa; essere in compagnia significa anche essere richiamati ogni istante al senso dell’operare, al fine ultimo di ciò che si fa. È quell’ ‘essenziale’ che viene proposto nel titolo del Meeting di quest’anno e che entra in gioco anche nella dimensione quotidiana e concreta di una realtà come la Compagnia delle Opere.
In che modo è stato rappresentato dal punto di vista artistico e architettonico?
L’idea è stata quella di non proporre una mostra ma un percorso che dal centro della piazza portasse all’auditorium che ospita il palinsesto degli incontri. L’obiettivo del percorso è quello di dare una rappresentazione dell’“insieme” del sistema Cdo. Per questo è stata pensata una struttura di elementi legati tra loro a simbolo delle interconnessioni che legano le tre aree che costituiscono il sistema Cdo: imprese, opere sociali e opere educative. Le strutture del percorso reggono dei pannelli sui quali si sviluppa una narrazione che nella prima parte documenta i valori di fondo della Compagnia e nella seconda racconta il progressivo nascere e sviluppo delle tante realtà che presidiano gran parte degli ambiti della vita sociale.
Perché è stato scelto Kandinskij e quale messaggio intende comunicare ai visitatori?
Per l’impianto grafico della mostra, messo a punto con Andrea Benzoni (Art director, Concreo srl), si è subito pensato all’apporto di un artista, facendo tesoro di quella folgorante intuizione di don Giussani contenuta nel testo “L’io, il potere, le opere”. Diceva don Giussani: “L’opera è il tentativo di risposta ai bisogni di cui è tramata l’umana esistenza: un tentativo che si sviluppa in strutture che cercano di essere il più possibile adeguate. In questa attuazione della propria natura l’uomo imita Dio, prosegue nella storia la figura di Cristo. La definizione di Dio come colui che “opera sempre” non si trova se non nel Vangelo: essa costringe a una presa di coscienza di quello che tocca a noi uomini e del valore di quello che facciamo. L’opera nasce nell’uomo come imitazione del creatore. L’esperienza cristiana deve diventare creativa perché nella creatività si dimostra la fecondità realistica capace di instancabilità della fede”. Gli artisti non lavorano per sé stessi ma per richiamare a tutti questa vocazione dell’uomo a essere una creatura creativa. In Kandinsky questa dimensione era emersa con grande libertà quando dipinse il primo acquarello astratto nel 1910: in apparenza aveva rotto con una lunga tradizione, in realtà aveva cercato di portarla ad un livello di maggiore profondità e minor formalismo. Libertà e fedeltà sono i fattori alla base dell’uomo creativo, in qualunque ambito si trovi ad agire. Inoltre Kandinsky ha questa capacità straordinaria di far convivere e armonizzare colori diversi. È un po’ una metafora di quello che è la Compagnia delle Opere come insieme di tanti soggetti con identità e ragioni differenti.